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Di scuola e ombrelloni

Riapre tutto, ma non la scuola.
A noi genitori è richiesto di rientrare al lavoro – per chi ancora ce l’ha un lavoro – e non viene suggerita alcuna soluzione per i nostri figli.
Perché il mondo mica si ferma, no.
E la scuola va avanti con quella che vogliono spacciarci come la panacea di tutti i male: la didattica on-line.
Attraverso la didattica on-line, quest’anno, arriveranno anche le valutazioni, suddivise in otto criteri:
PRESENZA
CONSEGNA DEI COMPITI
AUTONOMIA RISPETTO ALLE NUOVE RICHIESTE
CAPACITA’ DI ADATTAMENTO E SOLUZIONE DEI PROBLEMI
PARTECIPAZIONE AGLI INCONTRI SINCRONI E ALLE OCCASIONI PROPOSTE
CAPACITA’ DI ESPRESSIONE ANCHE RISPETTO ALLE NUOVE MODALITA’
NUOVE ACQUISIZIONI DIGITALI RISPETTO ALLA PROGRESSIONE della DaD
Di fronte a questo elenco sterile di competenze mi sono venuti i brividi.
E badate, parlo da privilegiata.
Parlo dall’alto di un ottimo lavoro in smartworking (che comunque mi impegna ben più di otto ore al giorno); di un consistente numero di device che permette a me, al mio compagno e a mio figlio di lavorare in autonomia, anche contemporaneamente; di una linea internet fissa che funziona; di una stampante che fa il suo dovere; di una casa abbastanza grande da permetterci di avere spazi vitali autonomi, sia all’interno che all’aperto; di due maestre meravigliose che si sono sbattute come pazze per fornire a tutti gli strumenti per la Dad, e soprattutto si sono messe in gioco con nuovi strumenti, piattaforme, chat, mail senza mai far mancare il loro sostegno alle famiglie e ai loro bambini; e, in ultimo, di un bambino intelligente, senza alcun tipo di problema, autonomo, sveglio, curioso, volenteroso, capace che si è adattato alla nuova situazione in un lampo e con una facilità che mi ha lasciata sconcertata. (Tranquilli, anche lui si trasforma in un mostro di gelatina che si trascina a fare i compiti, strepitando e usando solo una mano per scrivere, mentre l’altro arto penzola verso il basso, inghiottendolo nel triangolo delle Bermuda che sospetto si nasconda sotto alla scrivania. Ma la maggior parte del tempo fa il suo dovere senza rompere troppo, devo riconoscerglielo).
Ma.
Resta un MA, grosso come una casa.
Questa valutazione, che piaccia o no, giudica tutto quello che ho scritto sopra, e il lavoro e l’impegno in primis delle famiglie, non solo dei ragazzi, soprattutto nella fascia d’età in cui si colloca Davide, ovvero la scuola primaria.
Dove l’autonomia si insegna ogni giorno, e si conquista passo passo, e ogni distrazione sono altri dieci passi indietro.
Dove il contatto con la classe e con le maestre è fondamentale per imparare l’empatia e per sviluppare la socialità.
Dove bambini si catapultano un giorno dopo l’altro verso l’età adulta, e in questa emergenza si sono visti sottrarre dall’oggi al domani punti di riferimento essenziali per il loro sviluppo.
La Dad non è didattica, non mi convincerete mai. È uno strumento di soccorso in un momento di emergenza, ma se l’emergenza si tramuta in crisi, bisogna spingersi a trovare soluzioni anche con cambiamenti radicali.
Non si può pensare di vivere tutta la vita attaccati ad una bombola di ossigeno, se quello che serve è un cuore nuovo.
E come si può pensare di usare lo stesso metro di valutazione per una famiglia che ha solo un tablet per quattro persone? O che non riesce a seguire i figli adeguatamente nei compiti e nelle consegne perché lavora, magari su turni, magari proprio in un ospedale o in una RSA?
O peggio: come pensano di comportarsi di fronte ad insegnanti che si sono rifiutati di utilizzare la Dad, o che invece erano impossibilitati, per tutti i i motivi descritti sopra.
Come si possono estendere in maniera così indiscriminata questi criteri? Come si può valutare da dietro uno schermo la capacità di adattamento di un bambino di 7, 8, 9 anno a questa situazione che ha stravolto completamente la sua vita e le sue abitudini?
Come si fa a non considerare le tragedie che possono essersi abbattute su certe famiglie, la perdita di un nonno, una crisi di coppia che esplode a causa della quarantena, un genitore che perde il lavoro… potrei andare avanti per ore.
Sono sconcertata ve lo assicuro.
E in tutto questo, non una sola soluzione concreta è uscita dalla bocca del Ministero, non una sola indicazione sensata, il nulla più assoluto.
Ma sappiamo che quest’estate gli ombrelloni dovranno stare a tre metri di distanza.
A posto così.

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