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Per Tasnuba

Ieri qui a Genova è successa una tragedia.
Una bimba di tre anni è volata giù dalla finestra dal quinto piano, ed è morta.
Sua madre l’aveva lasciata pochi minuti da sola, per andare a prendere gli altri due figli di 8 e 10 anni a scuola.

La piccola era febbricitante.
Da giorni a Genova tira una tramontana tesa, gelida, di quella che affila contorni come lame di coltello e come lame di coltello ti taglia la faccia.

La mamma ha pensato la cosa più ovvia, di proteggere la sua bambina malata, di non farle prendere freddo facendola uscire.

Me la vedo affannarsi giù per le scale, per fare più in fretta possibile, con l’ansia apparentemente irrazionale che possa succedere qualcosa di brutto.

Che succede, come in un incubo.

La tramontana soffia e scosta una finestra rotta, da cui la bimba si affaccia per guardare la mamma giù in strada.

E cade.

Ora. Io non so chi cazzo vi crediate di essere per giudicare, al caldo delle vostre belle case illuminate a festa, dei vostri suv di merda con cui intasate le strade limitrofe alle scuole nelle ore di punta perché Piergiuliomaria non può prendere freddo, mentre una bengalese può anche morire.

So solo che tutta questa storia è un disastro sociale, e che quella bambina abbiamo contribuito ad ucciderla tutti.
Dai genitori che non perdono occasione di sbraitare in chat per i pidocchi, ma che tirano costantemente il culo indietro quando si tratta di dare una mano DAVVERO, fino alle più alte istituzioni che da 30 anni lavorano per smantellare il nostro stato sociale, e distruggere la nostra umanità.

Quella bambina ce l’abbiamo sulla coscienza tutti e signori miei, è troppo troppo comodo puntare ancora una volta il dito sullo straniero di turno.

Nessuno, NESSUNO può giudicare la solitudione di una madre, se non la conosce da dentro, nel profondo.

La solitudine di una madre in una città straniera, in una società che la giudica a prescindere, solo per il colore della pelle, per come veste, perché suo marito va in moschea, per l’odore di curry e cipolla troppo forte che proviene dal suo appartamento.

La solitudine che nessuno può conoscere finché non la vive sulla propria pelle, e che è alimentata ogni santo giorno da politiche di odio e di terrore, di paura del diverso, di individualismo, di cura maniacale del proprio ombelico, oltre il quale il mondo non esiste, e di una bambina di tre anni resta una ciabattina rosa in una busta di plastica.

Guardatevi in faccia, allo specchio, e abbiate la decenza di tacere, almeno per questa volta.

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