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Ri-partenze e nuovi inizi

Sono giorni di partenze questi.

E ri-partenze.

Conclusioni e nuovi inizi; nuova vita che brulica sotto la pelle, in attesa di rispondere a tutti i buoni propositi del nuovo anno che si avvicina.

C’è chi parte alla scoperta di un nuovo mondo, lasciando a terra zavorre e rimpianti, e si lancia a capofitto alla ricerca di opportunità, avventure, persone.

Casa è una parola che dà conforto e che può aspettare, a creare il nido in cui si tornerà più grandi, maturi, diversi.

Nuovi.

A mal sopportare il ritorno in quei luoghi sempre uguali a se stessi.

C’è chi lascia il lavoro e si reinventa, riparte, metaforicamente e non, da zero.

La mia partenza riguarda me, dopo mesi di stand-by, si ricomincia da qui.

Ma anche la tua, di partenza, mi riguarda un poco, e chi l’avrebbe detto qualche mese fa, quando tutto è partito, sapendo che doveva finire?

Da bambina amavo le partenze programmate di notte per viaggiare nel fresco, la sveglia eccitata alle quattro del mattino, mio padre che caricava l’auto la sera prima, le vacanze di agosto, i giorni al mare che cascavano via, uno dietro l’altro, come tessere di un domino, tra un bagno e un cornetto Algida.

Di partenze ne ho vissute tante.

Quelle eccitate e strazianti da e per l’Africa.

Quelle dei viaggi sognati, Cuba, la Patagonia, l’Inter Rail alla conquista dell’Europa.

Quelle piene di paura, dopo gli attentati.

Quelle spensierate, l’unico vero bagaglio appresso, gli amici e compagni di viaggio.

Quelle date per scontate ed improvvisamente nuove, insieme a mio figlio.

Quelle da sola, per impararmi.

Nuovo lavoro, case nuove, nuove relazioni.

La maternità, la mia partenza più incredibile, quella con più incognite, e quella che mi ha portata al mio viaggio più lungo, che non finirà mai.

Sono sempre stati distacchi brevi, i miei.

Non conosco l’ansia e l’eccitazione di lasciare la propria vita per tanto tempo, i sogni, le speranze, i timori, le aspettative.

Conosco però la mancanza, il sentirsi spezzati in due, contesi tra passato e futuro, vecchio e nuovo, tra possibile e reale, in bilico tra coraggio e spregiudicatezza.

Ho preferito talvolta il taglio netto e doloroso di un distacco, invece della lenta agonia di una separazione.

Oggi invece osservo una partenza da lontano, la tua figura diventare sempre più piccola, e sparire all’orizzonte.

E poi mi prenderò cura della mia.

Le infinite possibilità di un nuovo inizio danno alla testa.

E il coraggio di chiudere una porta non può che generare cose belle.

Questo è il mio augurio a tutte le persone che amo, che stanno chiudendo un cammino per cominciarne uno nuovo, compresa me.

Di riempirsi le mani, di questo coraggio, e usarlo come materia prima per rimodellare la propria vita a propria immagine e somiglianza.

E distribuirlo a dosi generose a chi ci sta intorno, mostrandosi come esempio, e cercando il supporto di chi ce l’ha fatta prima di noi.

Uscire dalla comfort zone, mettersi in gioco, portare le proprie possibilità all’estremo e mettersi a nudo, faccia a faccia con le proprie fragilità, le insicurezze e le paure.

Spogliarsi, mandare in frantumi lo specchio che ci riflette, riconoscersi in ogni frammento di vita, sanguinare

E ripartire.

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