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Tempo al tempo

Tempo… prezioso! Cantava Jovanotti, quando ancora si faceva chiamare Jovanotti, nel lontano 1992.

Ultimamente rifletto spesso sul concetto di tempo, che passa, che manca, che non basta mai, che corre, che sfugge, che non passa mai, e anche di tempo in versione meteorologica, ché a seconda se piove o se c’è il sole il mio umore vacilla e la mia giornata può essere stravolta.

Niente come un figlio ti riporta alla nozione del tempo.

Da quando c’è Pu il tempo scorre alla velocità della luce, io mi sento invecchiare e vedo lui trasformarsi e mutare: un giorno posso tenerlo sull’avambraccio e un pezzetto di mano, e in un batter d’occhio arriva a suonare il campanello e ad aprire la finestra del terrazzo, facendomi invecchiare di altri dieci anni in un colpo solo.

Il tempo che non passa mai, nelle notti in bianco e nelle giornate in cui distrutta devi comunque andare al lavoro.

Il tempo che vola, scandito dall’anno scolastico.

Il tempo che lascia il segno sul mio corpo, le smagliature della gravidanza, i primi capelli bianchi, le rughette intorno agli occhi (che però io amo tanto), i chili che non smaltisco nemmeno col napalm, (a 18 anni per una pena d’amore ti si chiudeva lo stomaco e dimagrivi 5kg in tre giorni, a 36 nemmeno col virus intestinale…), i mal di testa se dormo troppo poco, le chiappe che scendono, i chili che aumentano, i pantaloni che stringono, le minigonne che non porto più, i tacchi che mi fanno male.

Il tutto controbilanciato da una maggiore consapevolezza, dalla cosiddetta maturità.

Che si porta appresso la malinconia delle occasioni mancate, del tempo perduto, di tutto ciò che è stato e non tornerà.

Tempo di bilanci, mi sento un po’ “nel mezzo del cammin di nostra vita”, (nel mezzo… Dante, parla per te, che la povera Beatrice ci ha lasciato le penne a soli 24 anni).

Tempo che non basta mai, sempre di corsa, in equilibrio precario tra i mille ruoli che mi sento cuciti addosso; tempo di qualità per Pu, che ci hanno intortato per bene con questa storia, va là…

Tempo che vedi scivolare addosso ai tuoi genitori, le spalle un po’ più curve, lo sguardo un po’ più stanco, la memoria che comincia a perdere colpi, fino all’inevitabile inversione dei ruoli.

Tempo rotondo come una mela, che rotoli incerta fra le mani, pensando di avere davanti tutto il tempo del mondo, e invece all’improvviso ti senti strozzare, annaspare nel tempo che ormai è poco, gli ultimi attimi, adesso o mai più.

Tempo che si misura in centimetri e numeri di scarpe, in pantaloni ogni anno più corti, in magliette da uomo che sostituiscono quelle coi bottoncini dietro.

Tempo di infiniti pomeriggi di pioggia chiusi in casa, di febbri violente e notti senza fine, in attesa di una chiave che giri nella toppa per pensare “grazie Dio per avermelo riportato a casa tutto intero, e fanculo se sono atea, grazie Dio lo stesso”

Tempo stravolto dal tempo, ché basta una mattina di pioggia per rivoluzionare la mia giornata. Allerta i nonni, esci di casa un’ora prima, tira fuori le galoche e l’impermeabile, lotta coi pendolari incazzati, e ‘sto cazzo di treno in ritardo…

Tempo di coccole e baci, una fiaba nel lettone prima di addormentarsi.

Tempo per te, per una serata romantica con tuo marito, per leggerti un libro spaparanzata sul divano, per uscire con le amiche chiedendo tempo a qualcun altro per tenere Pu.

Tempo per vivere, fuori di qui, lontano dagli indiscreti della città.

Adesso è il mio tempo di vacanze, giorni che si allungano come una fascia elastica che di botto torna uguale se ne lasci i lembi; come di botto mi ritroverò seduta dietro la mia scrivania.

Ma oggi è il tempo dei castelli di sabbia e delle immersioni, quest’estate sono pronta a fare Pu in salamoia, devo tirarlo fuori a forza, le dita a prugnette, le labbra blu nonostante i 40 gradi.

Mare, sole e fritture di pesce. E una gita in barca.

Eccolo il mio tempo.

Il mio è tempo è oggi, ché a pensare a domani c’è sempre tempo.

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