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La storia dell’arte siamo noi

icordo una mattina, laureanda in Conservazione dei Beni Culturali, mi trovavo in una delle più importanti chiese di Genova, oggetto della mia tesi di laurea.

Stavo studiando le tombe nel pavimento, facevo foto, prendevo appunti sul mio portatile.

Ingenuamente avevo appoggiato la borsa su una panca; ero assorta nello studio, non c’era nessuno, amavo quel lavoro, amavo il silenzio e la ieraticità di quel luogo, forse per qualche retaggio infantile in chiesa mi sentivo protetta.

All’improvviso mi volto, e la borsa non c’era più.

Ero attonita, non c’era più, mi avevano scippato, in chiesa!!

Disperata – avevo dentro tutto, soldi, chiavi, telefono – mi ricordo di un’amica che lavora in una libreria lì vicino, vado lì, chiamo i miei.

Arrivano a prendermi, io in lacrime, mi sentivo così scema. Squilla il loro cellulare, era il sacrestano che aveva ritrovato la mia borsa e su un foglietto dentro al portafoglio, non mi ricordo nemmeno perché, c’era trascritto il numero dei miei.

Avevano rubato solo i soldi e il cellulare.

“Sa, qui purtroppo girano tanto tossicodipendenti, tante volte scippano anche le vecchiette che vengono in chiesa a pregare, si nascondono dietro le colonne per rubargli i soldi”.

Mi è venuto in mente questo episodio pensando alla tela del Guercino trafugata.

Il Guercino me lo ricordo perché è un nome che mi ha sempre fatto una simpatia estrema, questo pittore strabico che donava una prospettiva tutta personale ai suoi quadri; amavo i suoi colori pastosi e l’uso originale della luce.

E la notizia del furto mi ha colpita, mi ha riportata a quella mattina estiva in una chiesa genovese dove mi sentivo al sicuro, dando per scontato che niente di male avrebbe potuto succedermi.

Sarà lo stesso pensiero che ha animato il parroco della chiesa modenese vittima del furto, “in chiesa non può succedere niente”, un retaggio antico, che abbiamo imparato da Manzoni, quando il futuro Fra’ Critoforo chiede asilo in una chiesa per sopravvivere al linciaggio dopo aver ucciso un uomo.

La chiesa come luogo sacro in senso lato, intoccabile, che offre protezione e ricovero.

La stessa tranquillità, data per scontata, ha permesso ai ladri di agire indisturbati, di restare in chiesa e smontare un pala di oltre 3 metri, nemmeno protetta da un sistema di antifurto.

Questa è l’Italia, ma non in senso dispregiativo; in Italia, dove ti muovi ti muovi, ti ritrovi immerso in secoli di cultura e arte.

Sarebbe forse impossibile proteggere tutto il nostro immenso patrimonio artistico.

E paradossalmente, non potendolo proteggere tutto, lo lasciamo in mani a mercanti d’arte e ai ladri, lo lasciamo cadere a pezzi, lo abbandoniamo.

L’arte in questo paese non è considerata come fonte di guadagno e ogni volta che succedono episodi del genere, dai furti ai crolli, mi stupisco del menefreghismo con cui continuiamo a trattare la nostra più grande ricchezza.

A cosa serve un corso di studi in Beni Culturali se poi non si possono applicare sul campo le competenze acquisite?

A cosa serve un esercito di giovani laureati se poi non si è in grado di metterli al lavoro? E dio solo sa quanto lavoro ci sarebbe in Italia in questo campo.

L’arte e la cultura sono considerati robetta di serie B, con cui non si campa, roba da intellettuali, da gente con la puzza sotto il naso, da “Sgarbi” dei poveri.

Salvo poi piangere la morte di ogni grande attore. Non è forse arte quella?

Stiamo assistendo al paradosso per cui la cultura sta diventando sempre più un lusso, fruirne costa – penso ai biglietti per entrare in musei, pinacoteche, teatri, concerti – farsela anche – basti pensare a cosa costa studiare all’università – mentre chi fa cultura di mestiere guadagna niente o poco, spesso è precario, spesso si sente dire “sai, soldi non ce ne sono, ma è una splendida opportunità di visibilità una vetrina per farti conoscere”.

La prossima volta provo a rispondere così anche al mio dentista, vediamo che ne pensa.

L’arte è bistratta in questo piccolo, stupido paese, che accoglie una percentuale spaventosa del patrimonio artistico MONDIALE, e invece di valorizzarlo ce ne stiamo qui, sotto una volta del 1400, calpestando un pavimento rinascimentale, in attesa di qualcosa, finché un giorno, alzando gli occhi, come è successo per la mia borsa e per la pala del Guercino, non trove

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